Marmi Torlonia: una collezione di marmi antichi che racconta la storia di una famiglia che si impone nella Roma di fine Settecento
Le feste nel palazzo di Giovanni Torlonia erano “le più belle e meglio organizzate di quelle della maggior parte dei sovrani d’Europa”, così le descrive Stendhal nelle Promenades dans Rome (1829). Il marchese di Romavecchia e duca di Bracciano ha in realtà origini piuttosto umili, il padre di Giovanni, infatti, proviene dall’Alvernia e a Roma è stato mercante di stoffe, ma accanto al suo negozio ha aperto un Banco, ed è a questo che la famiglia Torlonia deve fama, onore e prestigio. Giovanni Torlonia, infatti, diventa il banchiere più impegnato d’Europa: presta ingenti somme a Pio VI e alla famiglia Bonaparte, diviene agente del principe di Fűrstenberg presso la Santa Sede ed è da questo creato “nobile del Sacro Romano Impero”. Acquista feudi che gli danno i titoli di marchese e duca e poi terreni nel suburbio, nel Lazio e in Romagna. Nel 1797 acquista una villa sulla via Nomentana, già appartenuta al cardinale Benedetto Pamphilj e alla famiglia Colonna: ne affida l’allestimento al fedele architetto Valadier e a Canova. Nel 1807 è invece la volta del Palazzo Bolognetti in piazza Venezia, ed è qui che si svolgono le splendide feste decantate da Stendhal.
L’attività bancaria permette a Giovanni Torlonia di arricchire non solo le proprie casse, ma anche la già perspicua collezione di marmi antichi: nel giro di qualche decennio, infatti, sia l’enorme patrimonio di reperti antichi, gessi e copie moderne del più grande restauratore del Settecento, Bartolomeo Cavaceppi, che la pregiata collezione di antichità della famiglia Giustiniani, entrano nelle abitazioni Torlonia. Contemporaneamente cominciano ad affluire a Roma i reperti rinvenuti negli scavi delle tenute di Porto o sull’Appia antica. Quando Alessandro Torlonia sostituisce il padre nella conduzione degli affari, la acquisizione di collezioni delle grandi famiglie romane conosce un incremento importante: villa Albani, scrigno di opere d’arte antica tra le più celebri, viene acquistata nel 1866 per 700mila scudi. Qui, il cardinale Albani, sotto la guida di Johann Joachim Winckelmann, aveva raccolto antichità provenienti da scavi della villa imperiale di Anzio o dalla collezione di Ferdinando de’ Medici sul Pincio o ancora del cardinale Ippolito d’Este, della famiglia Farnese, e molte altre.
Giunge infine un momento in cui il Alessandro, divenuto principe del Fucino grazie alle importanti opere di bonifica intraprese in quelle terre, decide di dare alle centinaia di testimonianze della grandezza di Roma una sistemazione più consona, creando un museo. Acquista un edificio in via della Lungara e chiama Pietro Ercole Visconti a riallestirlo, in modo da organizzare le statue secondo tipologie e, quando possibile, seguendo una sistemazione cronologica. Siamo già in un’ottica positivistica, dove il museo deve servire principalmente a educare. All’atto della sua prima presentazione, nel 1876, il museo di Alessandro Torlonia ospita 517 sculture, che diventeranno 620 nel 1884-1885, al momento dell’edizione del catalogo definitivo. Questo è curato dal figlio di Pietro Ercole, Carlo Lodovico Visconti e costituisce un’opera unica nel panorama italiano dell’epoca: Alessandro Torlonia intuisce infatti l’importanza del mezzo fotografico, che in quegli anni stava prendendo piede anche nell’attività di studio e ricerca delle antichità classiche, e decide che il catalogo sarà corredato dalle immagini fototipiche di tutti i reperti, uno sforzo editoriale di enorme importanza e lungimiranza. Ecco, dunque, che nei marmi Torlonia assistiamo a un passaggio epocale: dall’arte collezionata e disposta come arredo nei palazzi dei principi, all’acquisizione di collezioni che esprimano la grandezza sia di Roma antica che delle casate più prestigiose, infine alla formazione di un vero e proprio museo, dove le statue escono dalle case patrizie per concedersi a tutti i visitatori, anche quelli non blasonati.
La mostra “I Marmi Torlonia”, a palazzo Caffarelli, è un evento di enorme portata: per settant’anni, infatti, il sogno del principe Alessandro era rimasto sepolto nei magazzini dei suoi palazzi. Oggi, le 620 statue tornano a parlare al pubblico, un poco alla volta, infatti quelle in mostra sono 90, ma gli accordi tra il Ministero della Cultura e gli eredi della famiglia che è stata sinonimo di collezionismo a Roma fanno ben sperare per il futuro.
Testo e foto di Stefania Berutti, archeologa.
Fonte principale: “I Marmi Torlonia. Collezionare capolavori”, catalogo della mostra ed. Electa.
Per approfondire il percorso dell’esposizione: le sezioni della mostra Marmi Torlonia.
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